EDWARD CLODD, L'uomo primitivo. — Torino, Fratelli Bocca, 1904.
p. 21
Non conosco invenzione più utile di quella dell'uomo primitivo. Dopo la macchina da cucire e la teoria del materialismo storico non c'è oggetto più facilmente e largamente comodo di quello.
Nessuno sa cos'abbia fatto, dove sia stato, che cosa abbia pensato. Alcune ossa, dei frammenti di utensili, e molte immaginate somiglianze coi selvaggi contemporanei son bastate a creare questo archetipo della nostra specie, questo nuovo Atlante sostenitore imperterrito di tutte le teorie psicologiche e sociologiche dei nostri giorni.
Tutti i darwinisti in cerca di prove, tutti gli antropologi ricchi d'immaginazione, tutti i politici positivi hanno ricorso a questo fantoccio scientifico, che s'è prestato a tutte le parti ed ha dato mano a tutti gli strattagemmi.
In quel regno saturnio della preistoria, di cui tutti hanno parlato perché nessuno la conosceva, in cui s'è messo tutto quello che c'è piaciuto e tutto quello ché s'è voluto, gli scienziati hanno trovato sempre un alleato compiacente, un manichino pronto per tutti i loro romanzi. Non ci resta ormai che a fare una proposta. Poichè l'uomo primitivo ha resi tanti servígi alla causa della scienza e s'è offerto per tanti anni come un servitore fedele, non si potrebbe metterlo a riposo e non parlarne più?
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